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Fata Neve • Le Arance d'Oro • La Figlia dell'Orco • Il Soldo Bucato • Piuma d'Oro • L'Albero che Parla |
Spera di Sole |
C'era una volta una fornaia, che aveva una figliuola nera come un tizzone e brutta più del peccato mortale. Campavan la vita infornando il pane della gente, e Tizzoncino, come la chiamavano, era attorno da mattina a sera: "Ehi, scaldate l'acqua! Ehi, impastate!" Poi, coll'asse sotto il braccio e la ciambellina sul capo, andava di qua e di là a prender le pagnotte e le stiacciate da infornare; poi, colla cesta sulle spalle, di nuovo di qua e di là per consegnar le pagnotte e le stiacciate bell'e cotte. Insomma non riposava un momento. Tizzoncino era sempre di buon umore. Un mucchio di filiggine; i capelli arruffati, i piedi scalzi e intrisi di mota, in dosso due cenci che gli cascavano a pezzi; ma le sue risate risonavano da un capo all'altro della via. "Tizzoncino fa l'uovo" dicevan le vicine. All'Avemaria le fornaie si chiudevano in casa e non affacciavano più nemmeno la punta del naso. D'inverno, passava... Ma d'estate, quando tutto il vicinato si godeva il fresco e il lume di luna? O che eran matte, mamma e figliuola, a starsene tappate in casa con quel po' di caldo?... Le vicine si stillavano il cervello. "O fornaie, venite fuori al fresco, venite!" "Si sta più fresche in casa." "O fornaie, guardate che bel lume di luna, guardate!" "C'è più bel lume in casa." Eh, la cosa non era liscia! Le vicine si misero a spiare e a origliare dietro l'uscio. Dalle fessure si vedeva uno splendore che abbagliava, e di tanto in tanto si sentiva la mamma: "Spera di sole, spera di sole, sarai Regina se Dio vuole!" E Tizzoncino che faceva l'uovo. Se lo dicevano che erano ammattite! Ogni notte così, fino alla mezzanotte: "Spera di sole, spera di sole, sarai Regina se Dio vuole!" |
La cosa giunse
all'orecchio del Re. Il Re montò sulle furie e mandò a chiamare le
fornaie. "Vecchia strega, se seguiti, ti faccio buttare in fondo a un
carcere, te e il tuo Tizzoncino!" "Maestà, non è vero nulla. Le vicine
sono bugiarde." Tizzoncino rideva anche al cospetto del Re. "Ah!... Tu
ridi?" E le fece mettere in prigione tutte e due, mamma e figliuola. Ma
la notte, dalle fessure dell'uscio il custode vedeva in quella
stanzaccia un grande splendore, uno splendore che abbagliava, e, di
tanto in tanto, sentiva la vecchia: "Spera di sole, spera di sole, sarai
Regina se Dio vuole!" E Tizzoncino faceva l'uovo. Le sue risate
risonavano per tutta la prigione. Il custode andò dal Re e gli riferì
ogni casa. Il Re montò sulle furie peggio di prima. "La intendono in tal
modo? Sian messe nel carcere criminale, quello sottoterra." Era una
stanzaccia senz'aria, senza luce, coll'umido che si aggrumava in ogni
parte; non ci si viveva. Ma la notte, anche nel carcere criminale, ecco
uno splendore che abbagliava, e la vecchia: "Spera di sole, spera di
sole, sarai Regina se Dio vuole!" Il custode tornò dal Re, e gli riferì
ogni cosa. Il Re, questa volta, rimase stupito. Radunò il Consiglio
della Corona: e i consiglieri chi voleva che alle fornaie si tagliasse
la testa, chi pensava che fosser matte e bisognasse metterle in libertà.
Infine, che cosa diceva quella donna?: «Se Dio vuole». O che male c'era?
Se Dio avesse voluto, neppure Sua Maestà sarebbe stato buono
d'impedirlo. Già! Era proprio così. |
La cosa era
arrivata anche alle orecchie del Reuccio, che aveva già sedici anni. Il
Reuccio era un gran superbo. Quando incontrava per le scale Tizzoncino,
coll'asse sulla testa o colla cesta sulle spalle, si voltava in là per
non vederla. Gli faceva schifo. E una volta le sputò addosso. Tizzoncino
quel giorno tornò a casa piangendo. "Che cosa è stato, figliuola mia?"
"Il Reuccio mi ha sputato addosso." "Sia fatta la volontà di Dio! Il
Reuccio è padrone." Le vicine gongolavano: "Il Reuccio gli aveva sputato
addosso; le stava bene a Spera di sole!" |
Intanto il Re e la
Regina lo piangevano per morto e portavano il lutto. Ma un giorno, non
si sa come, arrivò la notizia che il Reuccio era schiavo del Mago. Il Re
spedì subito i suoi corrieri: "Tutte le ricchezze del regno, se gli
rilasciava il figliuolo!" "Sono più ricco di lui!" A questa risposta del
Mago, la costernazione del Re fu grande. Spedì daccapo i corrieri: Che
voleva? Parlasse: il Re avrebbe dato anche il sangue delle sue vene. Una
pagnotta e una stiacciata, impastate, infornate di mano della Regina, e
il Reuccio sarà libero. Oh, questo era nulla! La Regina stacciò la
farina, la impastò, fece la pagnotta e la stiacciata, scaldò il forno di
sua mano e le infornò. Ma non era pratica; pagnotta e stiacciata furono
abbruciacchiate. Quando il Mago le vide, arricciò il naso: "Buone pei
cani." E le buttò al suo mastino. La Regina stacciò di nuovo la farina,
la impastò e ne fece un'altra pagnotta e un'altra stiacciata. Poi scaldò
il forno di sua mano e le infornò. Ma non era pratica. La pagnotta e la
stiacciata riusciron mal cotte. Quando il Mago le vide, arricciò il
naso: "Buone pei cani." E le buttò al mastino. La Regina provò, riprovò;
ma il suo pane riusciva sempre o troppo o poco cotto; e intanto il
povero Reuccio restava schiavo del Mago. |
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