- Se tu fossi Re,
io sarei Regina!
- Sei meglio che Regina. Non ti manca nulla.
- Se tu fossi Re, io sarei Regina! Dovresti andare a ammazzare tuo
fratello com'egli tentò di ammazzar te.
- E se non riesco?
- Con l'anello di mio padre si riesce a tutto! Dovresti vendicarti. Se
tu fossi Re, io sarei Regina!
Picchia oggi, picchiadomani, il Reuccio cominciò a pensare sul serio
alla vendetta contro il fratello. Lo tratteneva soltanto l'amore dei
figliuoli. Ne aveva già cinque e un altro era per la via. Se lui moriva
in quell'impresa, come sarebbero rimasti quei poverini? Ma sua moglie
ripicchiava:
- Se tu fossi Re, io sarei Regina!
Si sgravò del sesto figliuolo. Ora erano tre maschi e tre femmine. Una
notte il Reuccio si sveglia e non trova sua moglie nel letto. La cerca
per tutta la casa, e non la trova neppure. Era in gran pensiero. Verso
l'alba, eccola che rientra.
- Dove sei stata?
- A prendere un po' d'aria.
La guardò in faccia; aveva le labbra sporche di sangue:
- Che hai mangiato?
- Agnellini, caprettini che parevano bambini. Non mi son pulita la
bocca.
Questa volta però il Reuccio entrò in sospetto e inorridì pensando che
pasto aveva forse fatto sua moglie.
- Non è figlia d'Orco per niente!
E l'odio contro il fratello e il desiderio di vendetta gli riavvampò in
cuore.
- Se non fosse stato per il suo tradimento, non avrei sposato la figlia
d'un Orco.
L'odiava di più per questo. Il sangue che lordava le labbra di sua
moglie doveva essere di creature umane. Oh, che orrore! Un giorno disse
a sua moglie:
- Porto i bambini a spasso.
Prese in collo l'ultimo, che ancora non si era staccato ed era spoppato
di fresco, e uscì fuori città. Cammina, cammina, la notte lo sorprese in
una pianura deserta. Non c'era casolare dove rifugiarsi; non si vedeva
anima viva.
- Ah, fratello scellerato, dove mi trovo per te! Voglio ammazzarti!
Coricò su la terra nuda i bambini che già cascavano dal sonno, e si
sedette in un canto per vegliarli. Tutt'a un tratto vede davanti a sé
due occhi di bragia, e una forma nera di animalaccio che si accostava
adagino adagino. Gli si agghiacciò il sangue. Non aveva la forza di
cavar la spada e difendersi. E sentiva brontolare:
- Ah! Che buon odore di carne piccina! Che buon odore!
Quella voce non gli giungeva nuova, ma non gli riusciva di riconoscerla.
L'amore dei figli però gl'infuse coraggio. Cavò la spada e si slanciò
contro l'animalaccio dagli occhi di bragia, che già aveva addentato i
bambini.
- Ahi! Ahi! Muoio! Muoio!
Era sua moglie, la figlia dell'Orco; stava per divorarsi le proprie
creature. Non era figlia d'Orco per niente. I bambini erano tutti
lacerati, insanguinati, e il povero Reuccio non sapeva come medicarli.
Il giorno era alto, e per la campagna deserta non si scorgeva anima
viva. Ed egli piangeva strappandosi i capelli, con quell'orrido
spettacolo sotto gli occhi: la moglie morta da un canto e i bambini
lacerati, insanguinati e morenti dall'altro.
- Fratello scellerato! Senza il tuo tradimento, non sarei a questo
punto!
- Che hai? Perché piangi?
Si voltò e si vide dinanzi una bellissima donna tutta vestita di bianco
con in mano una verga d'oro.
- Ah, buona signora, aiutatemi voi! I miei bambini!... I miei bambini!
- Posso aiutarti, ma a un patto.
- A qualunque patto, buona signora!
- Ascolta bene: io so tutto. Il tradimento di tuo fratello, l'Orco, la
tua fuga con la figlia di lui, il tuo matrimonio, tutto. Se vuoi però
che io ti aiuti, devi perdonare a tuo fratello.
- A quell'infame? No, mai!
La bellissima signora, turbata in viso, gli voltò le spalle e stava per
andarsene.
- Sì, sì, gli perdono! - gridò il Reuccio. - Pei miei figliuoli!
La signora gli si accostò sorridente e gli disse:
- Ascolta bene. Dei tuoi figliuoli, dopo parecchi anni, uno solo
sopravviverà; questo, il minore. E sai perché? Perché egli soltanto non
è nutrito di carne umana. Tua moglie, per virtù dell'anello, ti assopiva
profondamente e usciva la notte a caccia di bambini: non era figlia
d'Orco per niente. Gli altri cinque, ove campassero, diventerebbero
Orchi anche loro!
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