- Soldino mio, vo'
cento lire, vo' mille lire!
E quanti diceva la voce, tanti il Re ne sentiva prendere dalla mano del
ladro invisibile. Il Re mise le sue spie per scoprire di chi fosse
quella voce: e un giorno le spie gli condussero dinanzi ammanettata la
donna del bambino rubato:
Era lei che aveva detto: «Soldino mio, vo' cento lire!».
Il Re non volle neppure ascoltare la povera donna, che voleva
raccontargli come stesse la cosa, e la fece gettare in un fondo di
carcere. Ma da quel giorno egli non ebbe più pace. Voleva andare a
letto? E gli strappavano le coperte:
- Maestà, non si dorme!
Chi era? Non si vedeva nessuno. Si sedeva a tavola per mangiare? E gli
portavano via il piatto:
- Maestà, non si mangia!
Chi era? Non si vedeva nessuno. Se durava un altro po', il Re moriva
d'inedia. Perciò mandò a consultare un vecchio Mago. Il Mago (che poi
era quel cenciaiuolo che avea rapito il bambino per proteggerlo) rispose
soltanto:
- Bimbo mio, tu sarai Re!
Visto che il destino era quello, e non volendo morire d'inedia, il Re
cominciò dallo scarcerare la povera donna, e tornò a mandare dal Mago:
- Come rintracciare il bimbo? Lo avea rapito un cenciaiuolo e non se ne
sapeva più notizia.
Il Mago rispose:
- Raccatti i cocci di quel puttino di terra cotta e li saldi insieme
collo sputo. Il Re, sebbene di mala voglia, raccattò i cocci del puttino
e li saldò collo sputo.
- Ed ora?
- Ed ora - rispose il Mago - prepari una bella festa e faccia così e
così.
Il Re fece dei grandi preparativi, poi, secondo le istruzioni del Mago,
mandò a chiamare la mamma del bimbo a palazzo reale e la fece sedere a
lato della Regina. Il puttino di terra cotta bello e saldato si vedeva
collocato nel mezzo del salone e, attorno attorno, ministri, principi,
cavalieri in gran gala che aspettavano. Quando fu l'ora, s'intese nella
via:
- Cenci, donnine, cenci!
A questo grido il puttino di terra cotta scoppiò, e ne usci fuori un bel
giovinotto fra un gran rovesciarsi di monete, che ruzzolavano da tutte
le parti. Il Re, contento anche perché riacquistava tutti i suoi
quattrini, voleva abbracciarlo come un figliuolo; ma quello corse prima
dalla sua mamma e non sapeva staccarsela dal petto:
- Bimbo mio, tu sarai Re!
Ed era già Reuccio, poiché il Re lo adottava! Qui entrò una guardia e
disse:
- Maestà, c'è di là un cenciaiuolo; rivuole il suo soldo bucato.
Il Re non ne sapeva nulla; ma la povera donna rispose subito:
- Eccolo qui.
Sentita la storia di quel soldo, il Re pensò ch'era meglio tenerselo per
sé. Andò di là, bucò un altro soldo e diede questo in cambio di quello
al cenciaiuolo.
Ma gliene incolse male.
La prima volta che disse:
- Soldino mio, vo' mille lire!
Invece di mille lire furono mille nerbate, che lo conciarono per le
feste, tanto che morì.
- Bimbo mio, tu sarai Re!
E si era avverato.
Stretta è la foglia, larga è la via, Dite la vostra, ché ho detto la
mia.
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