Petunia

 

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Il nome ‘petunia’ deriva dal francese ‘petun’, termine obsoleto per indicare la ‘pianta del tabacco (appartenente alla stessa famiglia botanica delle Solanacee), giunto dal portoghese ‘petum’ che, a sua volta, nasce da ‘pety’ nella lingua tupì del popolo Guaranì (Paraguay).
Comprende circa
40 specie di piante erbacee, annuali e perenni, che portano fusti tomentosi, ramificati e leggermente vischiosi sui quali prendono attacco foglie opposte, di colore verde chiaro e, talvolta, appiccicose.
Una spedizione francese scoprì questa pianta in Brasile e ne riportò degli esemplari a Parigi nel
1823. L’inglese James Tweediw, capo giardiniere dei Giardini di Edimburgo, in Scozia, inviò i primi campioni di petunie (a piccoli fiori violacei) dall’Argentina al Giardino Botanico di Glasgow nel 1831; a metà dell’800 furono introdotti in America. Anche l’altra varietà selvatica tropicale portata in Europa era a fioritura bianca, decisamente meno appariscente di quelle odierne. I coltivatori europei, soprattutto in Germania e in Inghilterra, iniziarono subito a migliorare la specie per renderla folta, resistente, dai fiori più appariscenti e in diversi colori, anche combinati tra di loro. Da allora sono diventati tra i fiori estivi più popolari, a portamento eretto o ricadente, soprattutto nelle varietà a fiori di maggiori dimensioni (fino a 10 cm), nelle aree calde e soleggiate degli Stati Uniti, dell’Australia, del Sudafrica, del Nord Europa. In vaso, o più raramente in fiore reciso a gambo corto, le petunie dalla delicata profumazione dolce (soprattutto nella variante a fioritura blu) sono sempre in auge per la bellezza dei petali, anche doppi, frangiati o increspati, e per la spettacolarità dell’ampia gamma di colori (bianco, giallo, rosa, rosso, rosso-mattone, lavanda, viola scuro) o bicolori, anche maculati o a striature. Sono piante di versatile impiego, ma tossiche, quindi i fiori non si devono utilizzare come decorazione commestibile.
Nella città americana di Dixon, nello Stato dell’Illinois, tantissime petunie rosa fioriscono dai primi di maggio fino al tardo autunno lungo le strade principali. Ogni anno migliaia di visitatori accorrono qui per il ‘Festival della Petunia’. Dixon si è guadagnata il riconoscimento nazionale di ‘Città della Petunia’ per una questione risalente alla fine degli anni ’
50. All’epoca, le arterie cittadine rimasero desolate a causa dell'espansione dell’autostrada e di una malattia che colpì gli olmi olandesi. Dixon Mens Garden Club, che da anni si occupava delle aiuole comunali, risolse la situazione piantando 10mila petunie ai margini di gran parte delle vie cittadine tra il 1960 e il 1962. Ormai queste piante, anche grazie alla collaborazione dei 15mila residenti, trionfano su tutto il territorio urbano.

In Inghilterra, il linguaggio dei fiori diffuso durante l’epoca vittoriana (1837-1901) considerò l’esplosione dirompente dei colorati e vistosi fiori di petunia equivalente allo scoppio di ‘collera’ e del serbare ‘rancore’. Secondo altre interpretazioni, questa generosa fioritura prolungata dalla primavera al primo gelo rappresenta invece il ‘risentimento orgoglioso’ provato dal donatore delle petunie a causa di un qualcosa che ha subito da parte del destinatario del dono floreale. Il folklore popolare considera comunque la petunia come il migliore messaggio ‘tranquillizzante’ destinato a placare emozioni negative come l’ira e l’astio.
Il fiore tubolare di petunia è anche simbolo delle ‘lodi alla Madonna’, motivo per cui questa pianta fu coltivata nei cosiddetti ‘Giardini di Maria’ di origine medievale insieme alle specie selezionate per il loro significato religioso. Questi piccoli Eden dedicati alla Madonna vennero concepiti come luoghi racchiusi invitanti alla preghiera e alla contemplazione dei trionfi della natura, testimonianza della creazione di Dio. Furono mantenuti attorno ai monasteri e ai conventi per adornare l'altare e la statua dedicata alla Vergine.
La petunia riesce a produrre un gran numero di fiori e, proprio per questo, è il simbolo dell’amore che non si riesce a nascondere.