Clematis
Appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae. E' una
pianta conosciuta da tempi immemorabili, tanto che il nome Clematis è
una delle denominazioni botaniche più antiche. Fu attribuito da
Dioscoride (Grecia, sec.
I), facendolo derivare dal greco klematís-ídos,
che significa viticcio, pianta volubile, simile alla vite, e nel
1737 Linneo lo confermò.
I testi sono molto scarsi di notizie su come e quando si iniziò ad
utilizzare le clematidi nei giardini Italiani, mentre si sa tutto circa
la coltivazione in Inghilterra, e si suppone che le due date possano
coincidere.
la Clematis costituisce un genere di circa
250
specie di piante. Sono
piante rampicanti per eccellenza: infatti sono uniche per la rapidità
con la quale ricoprono muri e pergolati, per la grande capacità di
adattamento e per la spettacolarità delle fioriture. Si arrampicano per
mezzo del picciolo delle loro foglie, che si avvolge intorno a tutto ciò
che gli viene fornito: rami di alberi o cespugli, steccati, ringhiere,
graticci e cancellate. I fusti possono essere legnosi o semilegnosi, ma
sono sempre molto fragili, per cui devono essere maneggiati con cura. Di
norma una corolla è costituita da sepali di colore verde, che circondano
gli stami, e da petali colorati che attraggono gli insetti. Come abbiamo
appena detto, invece, i fiori della Clematide sono formati da sepali
colorati, mentre i petali sono completamente assenti.
I fiori hanno grandezze molto variabili (da
2
cm. di alcune specie ai
20
cm. di alcuni ibridi a grande fiore), ed anche le loro forme sono le più
diverse: possono essere talvolta penduli, a coppa aperta, a tulipano, a
campana; in alcune specie sono presenti staminoidi (stami trasformati in
petali), per cui possono esserci fiori doppi e semidoppi. che crescono spontanee nella maggior parte dei paesi con clima
temperato dell'emisfero boreale ed in alcuni nell'emisfero australe, per
esempio la C. alpina, originaria dell'Europa dell'est, la C. cirrhosa
originaria dei paesi mediterranei, la C. vitalba della Gran Bretagna, la
C. montana dell'India, la C. lanuginosa della Cina, la C. patens del
Giappone, la C. aristata dell'Australia, la C. afoliata della Nuova
Zelanda e la C. virginiana dell'America.
In Italia crescono spontanee e sono tipiche del territorio tre specie
principali: la C. alpina, la C. recta e la C. vitalba.
La C. alpina, nota anche come "vitalbino dei sassi" è un arbusto molto
grazioso, dai tralci lunghi e flessuosi che possono raggiungere, e
qualche volta superare, i due metri di lunghezza. Questa caratteristica
fa sì che il vitalbino dei sassi sia considerato l'unica liana
appartenente alla flora alpina e prealpina. L'ambiente preferito è
quello caratterizzato da macchie boschive ricche di arbusti sui quali la
Clematide si possa arrampicare con facilità. La fascia altitudinale
abitualmente coperta dalla C. alpina varia dai
600-700 metri ai
2400
metri, e va dalla Scandinavia alla Siberia, sino all'America del nord,
con un'ansa che scende in Europa centrale e Caucaso, ed una punta che
arriva all'arco alpino e agli Appennini, fino all'Emilia. La fioritura
avviene da maggio a luglio, con bei fiori lilla o viola-porpora a
portamento pendulo.
La C. recta o "vitalbino" è anch'esso un arbusto grazioso, alto poco più
di un metro, dai fusti erbacei ma eretti che fiorisce tra maggio e
giugno. Cresce spontaneamente sino a
700-800 metri di altitudine e
occupa un'area che comprende tutto il bacino del Mediterraneo, una parte
dell'Asia nord-occidentale e il Giappone. In Italia il vitalbino
fiorisce, con le sue leggere corolle bianco-avorio, dalla pianura alle
Prealpi e sino alle prime alture alpine.
Infine la C. vitalba, i cui steli flessuosi possono allungarsi anche
sino ad una ventina di metri ed i cui piccioli si aggrappano saldamente
ad alberi, palizzate, siepi e cespugli, con fitto fogliame in primavera,
piccoli fiorellini bianco-avorio in estate e semi piumosi che rimangono
sulla pianta per tutto l'inverno e la rendono molto affascinante. Questo
tipo di Clematide caratterizza i terreni calcarei situati in una fascia
altitudinale che non supera i
1500
metri e che si stende lungo tutta la
catena alpina e parte di quella appenninica.
In Inghilterra veniva chiamata "Traveller's joy" (gioia del viandante),
perchè con i suoi fiori allieta le passeggiate in campagna.
Sempre in Inghilterra la C. vitalba, comunissima sulle siepi, è
conosciuta anche come "Old's man beard" ("barba di vecchio"), "Grandfather's
whiskers" (baffi di nonno), "Father Time" (Padre tempo), "Hedge Feathers"
(Piume delle siepi), "Snow in harvest" (neve sul raccolto). Tutti questi
nomi si riferiscono alle pseudo-infiorescenze piumose e di grande
effetto che le piante producono.
Un tempo, nei paesi anglosassoni, il fusto legnoso e secco della pianta
era tagliato dai contadini in sezioni della grandezza di una sigaretta,
che venivano accese a un capo e fumate. Per questo un altro nome
popolare è "Smoking cane" (Canna da fumare) oppure "Shepherd's delight"
(Delizia del pastore).
In Francia le clematidi erano conosciute come "Berceau de la Vierge"
(Culla della Vergine). Un'altro nome francese, "Herbe au gueux", si
riferisce all'utilizzo che storicamente i mendicanti facevano del suo
succo: per impietosire i passanti lo utilizzavano per procurarsi ferite
e ulcerazioni.
In Italia la Clematide era conosciuta con il nome di "Laccio d'amore",
in riferimento all'abbraccio delle sue foglie sui sostegni, stretto come
quello di due innamorati. In campagna veniva chiamata"Barbagrigia", o
"vite falsa" o "erba dei cenciosi".
In alcuni paesi le Clematidi erano note con il nome di "Ricetto della
Vergine" (il francese "Berceu de la Vierge"). Per questo nome ci sono
diverse spiegazioni: perchè, arrampicandosi su pergole ed archi, si dice
che ripari il sonno di giovani fanciulle; o come omaggio ad Elisabetta I
di Inghilterra, sotto il cui regno venne introdotta nell'Isola la
coltivazione di queste piante; o ancora per la leggenda secondo la quale
Maria e Giuseppe, in fuga verso l'Egitto, la utilizzarono come riparo.
Nel linguaggio dei fiori la clematide significa "bellezza interiore".In
riferimento all'uso che ne veniva fatto dai mendicanti, che si servivano
del succo della pianta per provocarsi ferite e ulcerazioni allo scopo di
impietosire i passanti, ha anche assunto il significato di "finzione". |